Si dice che il ghiacciaio dell’Adamello, il Pian di Neve, sia il più esteso ghiacciaio italiano.
A confermare tale dato – almeno per ora – è il Catasto dei Ghiacciai italiani, che rileva come nel nostro Paese sono solo tre i ghiacciai con superficie superiore a 10 km2: quello dell’Adamello appunto (con i suoi 16.4 km2), quello dei Forni (11.3 km2) e il Miage (10.4 km2).
Tuttavia, viste le variazioni di clima, non sappiamo ancora per quanto tempo l’Adamello manterrà questo primato. Si stima infatti che, a causa del riscaldamento climatico, entro il 2100 l’Europa avrà perso l’80% dei suoi ghiacciai.
Anche chi frequenta da anni il nostro ghiacciaio non può non coglierne i cambiamenti a vista d’occhio.
Per rendersene comunque conto basta rileggere quanto scrisse Alessandro Gnecchi Ruscone nella guida «Le montagne dell’alta Valle Camonica», edita nel 1908 a cura della sezione di Brescia del CAI e del GLASG «I ghiacciai dell’Adamello, quantunque non possano competere per grandiosità con quelli del Bianco o del Rosa, si avvicinano, molto più che questi ultimi, al tipo dei ghiacciai polari … In alcuni punti la potente massa del ghiaccio riesce a superare la costiera di rocce e precipita allora nelle valli sottostanti, formando meravigliose cascate, abbellite da fantastici seracs e da cerulei crepacci. Tra le più belle, ricordo le cascate del Mandrone, quella dell’Adamè, e quella di Salarno che si può benissimo paragonare con la celebre cascata del Morterasch».
Sul Pian di neve salii la prima volta un’estate di molti anni fa, alle prime esperienze alpinistiche: partii da Fabrezza e dopo aver risalito l’intera val Salarno raggiunsi il ghiacciaio, che all’epoca aveva un aspetto abbastanza diverso dall’odierno benché fosse già in fase recessiva, per arrivare infine in vetta all’Adamello.
Sulla cima, dopo essere partiti dalla Lobbia, giunsero anche tre alpinisti trentini che nel silenzio della vetta intonarono un “Ave Maria” a tre voci, un connubio fra musica e alpinismo che allora come adesso sa sempre emozionarmi.
Da quel giorno sono salito molte altre volte sulla più alta vetta bresciana e più in generale sul Pian di neve, ogni volta con sentimenti diversi e da versanti differenti.
Il percorso di seguito proposto, che porterà al cospetto del ghiacciaio salendo dalla Val Salarno, è per la lunghezza del cammino e per la varietà di ambiente è tuttavia quello che preferisco e quello che, sotto certi aspetti, permette anche di rivivere gli albori dell’alpinismo bresciano. É da qui infatti che transitò nel luglio 1870 il colonnello svizzero Siber-Gysi per raggiungere la cima dell’Adamello (fu il secondo salitore dopo Julius Payer). Stesso percorso, l’anno successivo, da parte di Alfonso Pastori, del gen. Brehm e dai suoi figli, e in seguito da Conti, Brizio e ormai molti altri, fra i quali il cap. Adami e i suoi alpini.
Si parte da Fabrezza, amena località che porta ancora i segni della tempesta Vaia dell’ottobre 2018, raggiungibile dall’abitato di Saviore dell’Adamello percorrendo circa 3,5 km di strada asfaltata ma stretta.
Iniziato il cammino proseguiamo lungo la ripida stradina in direzione del Rifugio Prudenzini, passando accanto al piccolo bacino qui presente e superando poco dopo un ponte sul torrente Poja. Percorsi i numerosi tornanti e risalita la bastionata rocciosa, finalmente la pendenza si fa meno gravosa. Superiamo dapprima una galleria di guerra e in seguito le malghe Macesso di sotto e Macesso di sopra.
Giunti all’alveo del lago di Macesso, ormai ridotto a “torbiera”, iniziamo a osservare la sagoma della diga del lago di Salarno, proprio davanti a noi. La si raggiunge dopo un ultimo tratto di strada, nuovamente ripido.
Una manciata di minuti ed eccoci anche al suggestivo lago di Dosazzo, le cui acque hanno un caratteristico color turchese, e in un’altra mezz’ora arriviamo infine al rifugio Prudenzini, storico ricovero ai piedi dei 3.000 dell’Adamello.
L’attuale rifugio, posto ad una quota di 2.235 m, è dedicato all’avvocato e alpinista Paolo Prudenzini e venne inaugurato nel lontano 1908. Danneggiato dopo il secondo conflitto mondiale, venne poi ricostruito nel 1949/50 e ristrutturato infine nel 1986.
Fin qui è una gita adatta a tutti, svolgendosi tutta su una strada sterrata. Serve solo un po’ d’allenamento.
La prosecuzione è da riservare ai più allenati (salvo si effettui il pernotto al rifugio) ed esperti.
Ripreso il cammino, si continua verso la testata della valle superando i ruderi di quello che fu il rifugio Salarno (2.255 m), struttura che fu inaugurata nel 1883, più volte sepolta da valanghe fino ad essere completamente abbandonata nel 1907.
Di tale rifugio resta tra l’altro notizia nell’opuscolo “Da Collio al Rifugio Salarno”, edito nel 1885, relazione della gita collettiva del CAI di Brescia, che dà un’idea non solo della valle, per come si presentava al tempo, ma anche delle difficoltà di chi desiderava cimentarsi nell’escursionismo di quegli anni.
Dopo aver superato un ponticello in legno e giunti in fondo alla valle si inizia la lenta e faticosa salita su terreno morenico.
Il sentiero è ben segnato e si sviluppa fra tratti in ghiaietta, in alcuni punti piuttosto friabile, e massi granitici lungo alcuni tratti un poco esposti che richiedono prudenza ed esperienza. Oltretutto, la scorsa estate (quella del 2024) il percorso di salita è rimasto fortemente innevato fino ad estate inoltrata e per salirvi sono stati necessari i ramponi (non i ramponcini che ho visto indossare a molti altri escursionisti sulle scarpette da Trail, escursionisti che tuttavia hanno poi dovuto rinunciare alla salita).
Si giunge infine al passo di Salarno (3.168 m), da cui possiamo ammirare l’immenso Pian di neve e tutte le principali vette “Adamelline”.
Ciò che colpisce subito alla vista è tuttavia il livello della massa glaciale… chi è già da qualche decennio che frequenta queste montagne non può infatti non notare l’evidentissimo scioglimento con conseguente abbassamento della quota del ghiaccio presente.
Da qui, in pochi minuti ma con la massima attenzione, dovendo risalire un’esile cresta di massi accatastati esposti su entrambi i lati, si può raggiungere infine anche il vicino bivacco.
Piccolo ma a suo modo accogliente, è dotato di sei posti letto e da coperte di lana.

Costruito nel 1980 in sostituzione di una precedente baracca di legno che esisteva fin dal 1933, venne dedicato al noto alpinista Arrigo Giannantonj, classe 1883, che da solo, con guide o con altri alpinisti, compì una cinquantina di nuove vie o prime escursioni nei monti bresciani.
In anni recenti si è anche parlato di sostituire la struttura. Tutto ebbe inizio nel 2012 quando venne bandito, dal Distretto Culturale di Valle Camonica, il concorso “Abitare minimo nelle Alpi”, per la progettazione di un bivacco d’alta quota. Un concorso nato dall’incontro tra la rassegna di arte “2012 art on the border” diretta da Giorgio Azzoni, e il lavoro di ricerca condotto da Paolo Mestriner e Massimiliano Spadoni nel Politecnico di Milano. Al concorso di idee parteciparono oltre 200 progetti da tutta Italia e il progetto vincitore (di Alessandro Felici, Alessio Santamaria, Rocco Cammarota, Dario Rossi, Ermanno D’Amico) venne poi realizzato materialmente dalla ditta Albertani di Edolo. La struttura non venne tuttavia in seguito più ritenuta idonea a causa delle nuove e più stringenti normative antisismiche che coinvolgevano la zona dell’Adamello… Il Giannantonj restò al suo posto mentre il bivacco venne collocato a cavallo fra le provincie di Brescia e Bergamo, fra i territori di Schilpario e Lozio, assumendo il nome di bivacco don Giulio Corini (in proposito si veda il n. 133 di questa rivista).
Chi volesse comodamente da casa rivivere il percorso qui descritto, dai laghi della val Salarno fino al passo, può farlo su Google street view, che offre una visione virtuale del cammino… (certo però non è la stessa cosa!)
Se invece volete vedere immagini in tempo reale sulla Val Salarno e sul Pian di Neve potete ammirare le fotografie trasmesse dalla webcam, attiva presso il bivacco dagli ultimi mesi del 2024, che trovate su meteopassione.com
La scheda del percorso
Partenza: loc. Fabrezza – Saviore dell’Adamello (1.432 m)
Arrivo: lago di Salarno (2.085 m) – Rifugio Prudenzini (2.235 m) – Passo Salarno (3.168 m)
Dislivello: 653 m fino al lago Salarno – 803 m per il rifugio – 1.736 m fino al passo
Tempi di percorrenza:
– per il lago: 1 ora e 50 minuti la salita – 1 ora e 15 minuti la discesa
– per il rifugio circa 2 ore e 30 minuti la salita, e 2 ore per la discesa
– per il passo circa 5 ore la salita e 4 ore e 30 minuti la discesa…
Difficoltà: E fino al Rifugio – EE (con possibili tratti Alpinistici in caso di neve) fino al passo
L’itinerario si svolge su strada sterrata fino al rifugio, su sentiero, a tratti friabile ed esposto, fino al passo.
Periodo dell’anno: estate e inizio autunno
Distanza da Brescia al punto di partenza: 101 km
- articolo apparso sulla rivista Adamello, n.137 di giugno 2025